CONTRIBUTI A FONDO PERDUTO - COME INDIVIDUARE L'ATTIVITÀ PREVALENTE?

Contributi a fondo perduto, come individuare l’attività prevalente?


Il contributo a fondo perduto è riconosciuto ai soggetti con partita IVA attiva alla data del 25 ottobre 2020, che dichiarano di svolgere come attività prevalente una di quelle riferite ai codici ATECO individuati dai decreti Ristori e Ristori bis. Ma, nei casi di multiattività, cosa si deve intendere per attività prevalente? E se l’impresa è posta in liquidazione, è possibile dichiarare che sta ancora svolgendo l’esercizio prevalente di un’ordinaria attività? E ancora: per l’impresa con sedi operative in zone diverse (rossa e gialla), il contributo del decreto Ristori bis deve essere parametrato al fatturato totale dell’impresa o solo a quello della sede in zona rossa? Per tutti questi quesiti sarebbe utile un chiarimento dell’Agenzia delle Entrate.

Tra i temi affrontati nel corso della seconda giornata della ventunesima edizione del Percorso di Aggiornamento Tributario, svoltosi in webinar e organizzato dalla Scuola di Formazione IPSOA di Wolters Kluwer, ampio spazio è stato dedicato agli aspetti critici dei nuovi contributi a fondo perduto previsti dall’art. 1 del decreto Ristori bis (D.L. n. 149/2020), che ha ampliato il novero delle categorie di attività beneficiarie del contributo a fondo perduto del primo decreto Ristori (D.L. n. 137/2020), nonché disposto un nuovo indennizzo per alcune attività che si trovano nelle regioni delle zone rosse.

Il requisito dell’attività prevalente

Tra i molteplici quesiti pervenuti, è stato chiesto di chiarire alcuni aspetti controversi relativamente ai soggetti beneficiari, atteso il fatto che il contributo è riconosciuto a favore dei soggetti che:

- da un lato, hanno la partita IVA attiva alla data del 25 ottobre 2020 (sono esclusi i soggetti che hanno attivato la partita IVA dal 25 ottobre) e

- dall’altro lato, dichiarano di svolgere, ai sensi dell'art. 35 del D.P.R. n. 633/1972, come attività prevalente una di quelle riferite ai codici ATECO riportati nell'Allegato 1, come sostituito dal D.L. n. 149/2020 (tra le altre, ristoranti, bar, pasticcerie, gelaterie, piscine, palestre, teatri, cinema, alberghi).

Analoghi requisiti sono stati previsti per lo specifico contributo anche dal decreto Ristori bis (art. 2) e, anche in questo caso, occorrerà dichiarare di svolgere come attività prevalente una di quelle riportate nell’Allegato 2, avendo il domicilio fiscale o la sede operativa nelle zone rosse, individuate con ordinanze del Ministro della Salute adottate ai sensi dell’art. 3, D.P.C.M. 3 novembre 2020.

Ma, nei casi di multiattività, cosa si deve intendere per attività prevalente?

Secondo alcuni, la generica formulazione normativa della locuzione potrebbe lasciare spazio ad interpretazioni secondo cui, ad esempio, per un imprenditore individuale la verifica dell’attività prevalente dovrebbe essere operata non solo individuandola tra quelle riferite ai codici ATECO riportati negli allegati della legge, ma facendo riferimento anche alla situazione reddituale complessiva, al fine di verificare se vi siano fonti di reddito prevalenti e ulteriori rispetto a quelle dell’attività imprenditoriale prevalente.

Nelle more di conoscere il pensiero della prassi del Fisco, ma facendo applicazione di chiarimenti analoghi pur espressi con riferimento a fattispecie diverse, per poter beneficiare del contributo si ritiene invece sufficiente che l’attività rientrante tra quelle oggetto di potenziale contributo sia svolta in maniera prevalente sollo rispetto ad altre attività imprenditoriali, intendendosi per tale quella da cui deriva la maggiore entità dei ricavi, senza doversi avere in alcun modo riguardo alla compresenza di ulteriori redditi concorrenti alla formazione del reddito complessivo, o soggetti ad imposta sostitutiva.

Altresì, per definire l’attività da ritenere prevalente ai fini del contributo, dalla stessa ratio della norma sembrerebbe possibile individuarla facendo sempre prevalere l’aspetto sostanziale su quello della mera comunicazione formale all’Anagrafe tributaria di un codice ATECO prevalente.

In caso di impresa in liquidazione

Invece, se alla data della richiesta del contributo il numero di partita IVA fosse ancora attivo ai sensi dell'art. 35 del decreto IVA, ma l’impresa fosse stata posta in liquidazione, potrebbe risultare controversa la sussistenza del requisito di spettanza. Invero, la norma non esclude queste imprese dal beneficio dell’ottenimento del contributo a fondo perduto, poiché l’esclusione esplicita riguarda solo i soggetti la cui partita IVA risulti cessata alla data di presentazione dell'istanza.

Tuttavia, la liquidazione di un’impresa è rivolta allo svolgimento di operazioni dirette a disinvestire le attività, estinguere le passività e acquisire il residuo patrimoniale da liquidare, rendendo così alquanto complesso poter dichiarare che si stia ancora svolgendo, alla data della richiesta del contributo, l’esercizio prevalente di un’ordinaria attività.

Sedi operative in zone diverse

Si pensi, infine, al caso in cui un’attività avesse due sedi operative, una in zona rossa e una in zona gialla, il parametro del contributo del decreto Ristori bis (art. 2) dovrà essere comunque riferito al fatturato totale dell’impresa o solo a quello della sede della zona rossa?

Problemi analoghi saranno sussistenti anche per il commercio ambulante esercitato su più sedi e zone cromatiche diverse.

Sembrerebbe ovviamente più equo, ma anche assai più farraginoso, ragionare per annotazioni distinte e separate, ma al fine di evitare equivoci e pesanti sanzioni, un tempestivo e dirimente chiarimento semplificatorio delle Entrate risulterebbe alquanto utile.

Fonte: IPSOA

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